Aggiornamento 1/12/2025 – Yuval Peleg è stato condannato a ulteriori 30 giorni di detenzione militare per essersi rifiutato di arruolarsi nell’esercito israeliano. Questa condanna rappresenta il suo quinto periodo di detenzione. Finora, Yuval ha trascorso un totale di 130 giorni in prigione esclusivamente per la sua obiezione di coscienza al servizio militare.
Yuval Peleg ha solo 18 anni e sta scontando una pena di 30 giorni nella prigione militare di Neve Tzedek, in Israele, per aver rifiutato di arruolarsi nell’esercito in quanto è contrario al genocidio a Gaza e all’occupazione illegale del Territorio palestinese.
Nella sua dichiarazione di rifiuto ha detto: “Mentre assisto ai crimini commessi dall’esercito israeliano contro il popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania, (…) arruolarmi è incompatibile con i principi fondamentali della vita e dell’uguaglianza per tutti gli esseri umani: significherebbe piuttosto aderire a un sistema la cui essenza è oppressione, occupazione e distruzione”.
In Israele l’arruolamento è obbligatorio a partire dai 18 anni e dura tra i 24 e i 32 mesi. La maggior parte dei cittadini palestinesi con cittadinanza israeliana – circa il 21 per cento della popolazione – è esentata dal servizio. Per decenni, il Comitato di coscienza dell’esercito ha avuto la facoltà di concedere esenzioni, ma queste di solito sono state riconosciute solo a chi la richiedeva per motivi religiosi, come gli ebrei ultraortodossi, e non a persone pacifiste.
Il 25 giugno 2024, tuttavia, la Corte suprema israeliana ha stabilito che anche gli studenti seminaristi ultraortodossi devono essere arruolati.
Gli obiettori possono essere condannati e incarcerati ripetutamente per lo stesso “reato”. Questa prassi viola i diritti delle persone obiettrici secondo gli standard internazionali, che vietano la cosiddetta “doppia incriminazione”.
La libertà di religione, coscienza e credo è sancita dalla Dichiarazione universale dei diritti umani ed è tutelata dal Patto internazionale sui diritti civili e politici.
Le autorità israeliane devono scarcerare immediatamente e incondizionatamente Yuval Peleg e tutte le persone che si rifiutano di svolgere il servizio militare obbligatorio.
Capo di Stato Maggiore dell’IDF
Tenente Generale Eyal Zamir
Base militare Yitzhak Rabin
HaKirya, 27 Kaplan Street
Tel Aviv 6473424, Israele
Email: ContactUs@mail.idf.il; mapazahal@gmail.com
Tenente Generale Zamir,
Le scrivo per chiedere l’immediata e incondizionata liberazione di Yuval Peleg, 18 anni, attualmente detenuto nella prigione militare di Neve Tzedek per aver rifiutato di arruolarsi nell’esercito israeliano. Si tratta della sua quinta condanna, dopo aver passato già 100 giorni in carcere, con l’attuale condanna, avrà trascorso un totale di 130 giorni in prigione inflitte a seguito del suo rifiuto di iniziare il servizio militare obbligatorio, il 21 luglio 2025, presso il centro di reclutamento di Ramat Gan.
Peleg non avrebbe mai dovuto essere incarcerato e temo che, una volta rimesso in libertà – come previsto – il 21 novembre 2025, possa essere nuovamente arrestato. Tale timore si basa su una prassi ricorrente di incarcerazioni ripetute nei confronti delle persone obiettrici di coscienza. Ad esempio, Itamar Greenberg, 19 anni, ha trascorso complessivamente 240 giorni in prigione, suddivisi in varie condanne, per aver rifiutato di arruolarsi.
Prima della convocazione, Yuval Peleg ha espresso chiaramente la sua obiezione al servizio militare per motivi di coscienza, sia davanti a rappresentanti dell’esercito israeliano sia tramite una dichiarazione presentata durante la procedura di rifiuto, con il sostegno della rete di obiettori di coscienza Mesarvot. Tuttavia, l’esercito ha classificato il suo rifiuto come disobbedienza.
Amnesty International considera Yuval Peleg e le altre persone obiettrici come prigionieri di coscienza, detenuti unicamente per aver esercitato pacificamente i loro diritti.
La invito pertanto a garantire l’immediata e incondizionata scarcerazione di Yuval Peleg e a non procedere con ulteriori incriminazioni qualora rifiutasse ancora di arruolarsi. Le chiedo inoltre di sostenere l’introduzione di una legislazione che riconosca il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio, in linea con il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e dal Patto internazionale sui diritti civili e politici, di cui Israele è parte.
Cordiali saluti,
Gli obiettori e le obiettrici di coscienza israeliani sono appoggiati da Mesarvot, una rete che sostiene coloro che si oppongono al servizio militare obbligatorio soprattutto come forma di dissenso verso le politiche e le prassi israeliane contro la popolazione palestinese. Secondo Mesarvot, dal 2023 più di 100 cittadine e cittadini israeliani hanno rifiutato di prestare servizio militare per motivi di coscienza. Circa 15 di loro hanno reso pubbliche le loro scelte mentre la maggior parte preferisce restare anonima per timore di ritorsioni o di altre conseguenze.
Amnesty International considera obiettore di coscienza chiunque, per motivi di coscienza o convinzioni profonde, si rifiuta di prestare servizio nelle forze armate o di partecipare, direttamente o indirettamente, a guerre o conflitti armati. Questo include il rifiuto di partecipare a una guerra perché non ci si riconosce nei suoi obiettivi o nel modo in cui viene condotta.
Nel 1995, con la Risoluzione 1998/77, la Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite ha stabilito che il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare è tutelato dall’articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici che riconosce la libertà di religione, coscienza e credo. La risoluzione, ribadita più volte anche dal Consiglio dei diritti umani – da ultimo nel 2019 – afferma che gli stati devono “evitare di incarcerare e punire ripetutamente gli obiettori per il mancato adempimento del servizio militare” e ricorda che “nessuno può essere perseguito o punito due volte per un reato per il quale sia già stato definitivamente assolto o condannato secondo la legge e la procedura penale di ciascun paese”.