Saleh Diab e la sua famiglia rischiano di essere trasferiti illegalmente da Gerusalemme Est occupata, dopo che, nel febbraio 2025, una Corte distrettuale israeliana ha respinto il loro appello contro lo sfratto dalla loro casa nel quartiere di Sheikh Jarrah.
Questi sgomberi forzati, condotti dal gruppo di coloni Nachalat Shimon, fanno parte di un disegno di espropri ripetuti a Sheikh Jarrah.
Dalla fondazione di Israele nel 1948, i governi che si sono succeduti hanno applicato leggi, politiche e pratiche finalizzate a garantire la progressiva frammentazione della popolazione palestinese e il privilegio degli ebrei israeliani a discapito dei palestinesi. Da quando ha occupato e annesso illegalmente Gerusalemme Est nel 1967, Israele ha adottato una serie di misure per ridurre il numero di palestinesi in città e per creare ed espandere gli insediamenti illegali, anche attraverso la confisca delle terre, la revoca della residenza e gli sgomberi forzati.
La famiglia allargata di Saleh Diab, composta da 23 persone, è impegnata da decenni in una battaglia legale contro lo sfratto da parte dei coloni. Le minacce si sono intensificate dal 2009. Il gruppo di coloni Nahalat Shimon International sta usando la Legge sugli affari legali e amministrativi del 1970 come base giuridica per chiedere la loro espulsione.
Saleh Diab si è anche impegnato nella resistenza nonviolenta, diventando una figura centrale nelle manifestazioni settimanali contro gli sgomberi. I coloni israeliani continuano a intimidire lui e la sua famiglia e la polizia lo sottopone a una sorveglianza incessante. Ciò nonostante, la sua campagna per difendere la sua casa e il suo quartiere non ha mai vacillato.
A maggio, la Corte Suprema israeliana ha concesso alla famiglia Diab la possibilità di presentare una nuova richiesta di appello contro la decisione di sgombero. La Corte dovrebbe pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione a procedere con il ricorso non prima della metà di luglio. Stai dalla sua parte, chiedi alle autorità di fermare gli sgomberi.
La testimonianza di Saleh Diab
Gideon Sa’ar
Ministero degli Esteri
9 Yitzhak Rabin Boulevard
Kiryat HaLeom
Gerusalemme 9103001, Israele
Fax: +972-2-5304014
Email: gsaar@knesset.gov.il Email: sar@mfa.gov.il
Egregio Gideon Sa’ar,
Le scrivo per esprimere la mia grave preoccupazione per l’imminente sgombero forzato di Saleh Diab e della sua famiglia dalla loro casa di Sheikh Jarrah, nella città di Gerusalemme Est occupata e annessa illegalmente. Saleh Diab, padre di cinque figli, e i suoi familiari, tra cui due fratelli e i loro figli, sono da tempo minacciati di sfratto dal gruppo di coloni Nahalat Shimon.
Saleh Diab è stato in prima linea nella lotta per proteggere le famiglie palestinesi di Sheikh Jarrah dallo sgombero forzato, esponendosi alla violenza estrema dei coloni e della polizia, senza alcuna protezione. Dopo che a febbraio una Corte distrettuale di Gerusalemme ha respinto l’appello, l’ultima ancora di salvezza legale per la famiglia è il secondo appello, che sarà esaminato dalla Corte Suprema. In caso di sgombero, 23 persone, tra cui sette bambini, perderanno l’unico posto che chiamano casa.
Il caso della famiglia Diab testimonia l’incessante campagna di Israele per espandere gli insediamenti illegali israeliani e intensificare gli sgomberi forzati delle persone palestinesi residenti nella città di Gerusalemme Est occupata, come quelli di Sheikh Jarrah e Silwan, per far posto ai coloni israeliani.
La invito a fermare immediatamente lo sgombero forzato della famiglia Diab nel quartiere di Sheikh Jarrah e a porre fine al trasferimento forzato in corso dei palestinesi da Gerusalemme Est. Se eseguiti, gli sgomberi costituirebbero il crimine di guerra di trasferimento illegale e, se commessi nel contesto di un attacco diffuso o sistematico diretto contro la popolazione civile, costituirebbero il crimine contro l’umanità di trasferimento forzato. La esorto inoltre a garantire la protezione di Saleh Diab e della sua famiglia contro la violenza, le vessazioni e gli attacchi dei coloni.
Sradicare la famiglia Diab dalla casa in cui ha vissuto per decenni non è solo un atto crudele, ma anche una grave violazione del diritto internazionale.
Cordiali saluti,