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Per porre fine all’occupazione illegale della Cisgiordania, consentendo la nascita di uno stato palestinese, è decisivo che l’Italia e l’Unione europea interrompano ogni relazione commerciale con gli insediamenti illegali israeliani. Senza farsi condizionare dal piano di pace americano che, pur rappresentando un passo indispensabile per la fine del genocidio nella Striscia di Gaza, manca di ogni rifermento al destino dell’area e alla difesa del diritto di autodeterminazione del popolo palestinese.
È l’appello lanciato da Amnesty International Italia, COSPE e Oxfam Italia, promotrici della campagna Stop al commercio con gli insediamenti illegali, con una coalizione di oltre 20 organizzazioni.
Una richiesta che arriva alla vigilia del Consiglio Ue dei ministri degli Esteri e del Consiglio europeo del 20 e 23 ottobre, ribadita oggi alla Camera dei deputati nel corso di un incontro con le forze politiche e Basel Adra, regista palestinese Premio Oscar con “No Other Land”, che ha portato la propria testimonianza.
I dati contenuti nel rapporto “Il commercio con gli insediamenti illegali”, mostrano quanto scambi e investimenti nei territori occupati illegalmente da Israele non facciano altro che alimentare la drammatica condizione economica e sociale di oltre 3,3 milioni di palestinesi tra demolizioni, sfollamenti di massa, furto delle terre, violenze e check point, che non permettono la libera circolazione dei palestinesi.
Solo da gennaio sono stati sfollate con la forza oltre 40 mila persone palestinesi dai campi profughi di Jenin, Tulkarem, Nur Shams e Al-Far’a a causa delle operazioni militari e degli attacchi dei coloni protetti dall’esercito di Israele, che si sono moltiplicati: sono centinaia le vittime dall’inizio dell’anno. Nel frattempo, è stata approvata la costruzione di 3.400 nuove unità abitative in un blocco che collega Gerusalemme Est e l’insediamento illegale di Ma’ale Adumim, interrompendo di fatto la circolazione dei palestinesi tra la Cisgiordania settentrionale e meridionale.
Il controllo di Israele costa ad oggi all’economia palestinese miliardi di dollari all’anno, mentre la povertà in Cisgiordania è aumentata dal 12 per cento al 28 per cento negli ultimi due anni, con un notevole aumento del tasso di disoccupazione.
Un controllo che, senza una forte pressione da parte della comunità internazionale, potrebbe presto trasformarsi in una vera e propria annessione, dato che il Parlamento israeliano ha recentemente approvato una mozione proprio in questa direzione.
Nonostante questo contesto però l’Unione europea ad oggi resta il primo partner commerciale di Israele, con un volume totale di scambi di 42,6 miliardi di euro nel ‘24. L’Italia nello stesso anno ha importato beni e servizi per oltre un miliardo di euro, con un volume totale di scambi pari ad oltre quattro miliardi.
“Oggi in tutta Europa sono presenti prodotti provenienti dalle colonie illegali, ma etichettati ‘Made in Israel’ a causa di politiche doganali incoerenti o disapplicate. – sottolinea Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia – Per questo motivo chiediamo con forza che l’Italia, rispettando il parere consultivo emesso dalla Corte internazionale di giustizia nel luglio 2024, adotti uno strumento normativo nazionale, che preveda la sospensione degli accordi commerciali italiani con Israele e porti il governo ad assumere una decisa posizione a favore della revisione dell’Accordo di Associazione Ue-Israele includendo questo ambito. Il governo Meloni ha oggi l’occasione di dimostrare di non voler essere complice delle ripetute e sistematiche violazioni dei diritti umani delle autorità israeliane in Cisgiordania. Se si vuole lavorare alla creazione di due stati occorre agire al più presto esercitando una pressione capace di incidere sulle politiche del governo israeliano”.
La Corte internazionale di giustizia ha stabilito che in base al diritto internazionale gli Stati sono tenuti ad “astenersi dall’instaurare con Israele trattative economiche o commerciali concernenti i Territori Palestinesi Occupati, o parti di essi, che potrebbero consolidare la sua illegale presenza nel territorio”, e devono “adottare misure per prevenire relazioni commerciali o di investimento che contribuiscano al mantenimento della situazione illegale creata da Israele”.
“L’idea che l’attuazione delle prime disposizioni di un precario accordo tra Hamas e Israele debba far dimenticare due anni di crimini di diritto internazionale e distogliere l’occasione dalla quotidiana illegalità praticata dallo stato israeliano e dai suoi coloni nella Cisgiordania occupata è profondamente errata. – ha aggiunto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia – L’occupazione illegale delle terre palestinesi produce povertà da un lato e ricchezza dall’altro, quest’ultima favorita da relazioni commerciali che l’Unione europea porta avanti con Israele, che consolidano una situazione illegale nel Territorio palestinese occupato e che pertanto chiediamo cessino al più presto”.
“I palestinesi da oltre 50 anni devono far fronte anche a una vera e propria guerra economica dovuta all’’occupazione israeliana che cancella diritti, terre e futuro e non consente alcuno sviluppo dell’economia.- conclude Vittorio Longhi, responsabile advocacy di COSPE – Per questo, chiedere lo stop del commercio con gli insediamenti illegali è fondamentale, un atto dovuto di giustizia e di rispetto del diritto internazionale, ma è altrettanto necessario sostenere con forza l’economia di resistenza delle comunità palestinesi. Un’economia messa ulteriormente in crisi, dopo il 7 ottobre 2023, con l’espulsione di centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici palestinesi da Israele e l’impoverimento drammatico del Territorio Occupato, soprattutto nelle aree rurali. Per questo, oltre a denunciare ciò che è illegale, come COSPE continueremo a investire, difendere e sostenere quelle pratiche di economia sociale e solidale portate avanti da giovani, donne, cooperative e imprese sociali che riescono a creare lavoro mutualismo e dignità, pure in condizioni estreme, e che rappresentano resistenza nonviolenta, giustizia e autodeterminazione per il popolo palestinese”.
ACLI, ACS -NGO, Amnesty International Italia, AOI, ARCI, CISS, CNCA, COSPE, CRIC, Emmaus, First Social Life, Fondazione Finanza Etica, Fondazione Gruppo Abele, Libera, Movimento Giustizia e Pace in Medio Oriente, Oxfam Italia, Pax Christi, Rete HUMUS, Rete Italiana Pace e Disarmo, Un Ponte Per, Vento di Terra.
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