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“Voglio dire un enorme grazie ad Amnesty International. È difficile esprimere la mia gratitudine a parole. Perché se sono qui, lo devo in gran parte a questa organizzazione”
Aleksandra Skochilenko.
“Anche io penso che Sasha oggi sia qui [libera] principalmente grazie agli sforzi di Amnesty International. Mi unisco ai ringraziamenti, perché so che avete fatto pressione sui governi europei e questo è fondamentale per noi. Il fatto che Sasha sia qui, ora, è un miracolo, perché nella lista per lo scambio di prigionieri c’erano solo politici, membri della Fondazione anticorruzione e cittadini di altri paesi. Con grande sorpresa il nome di Sasha era nella lista!”
Sofia Subbotina, compagna di Aleksandra Skochilenko.
Aleksandra “Sasha” Skochilenko è seduta sul letto della sua cella, le mani fredde strette attorno alle ginocchia. Il buio della notte sembra ancora più pesante dentro quelle mura spesse, ma nel suo cuore brucia un fuoco che nessuna prigione può spegnere. Le parole che ha scritto tempo prima continuano a riecheggiare nella sua mente: “Non importa che cosa cercheranno di fare con me i miei accusatori, non importa come cercheranno di calpestarmi nel fango, umiliarmi, mettermi nelle condizioni più disumane. Tirerò fuori la parte più luminosa, più incredibile e più bella da questa esperienza.”
Prima dell’arresto, Aleksandra vive la sua vita a San Pietroburgo immersa nella creatività, tra musica, disegni, parole scritte con l’inchiostro della libertà. I suoi due gatti le fanno compagnia nelle notti solitarie, e la sua arte è il suo strumento di lotta in un mondo che vuole zittire il dissenso. Organizza jam session per la pace, disegna cartoline per denunciare la guerra, usa ogni mezzo possibile per aprire gli occhi delle persone intorno a lei. Ma in un sistema in cui la propaganda domina la narrazione, il suo impegno per la pace e la verità è considerato una minaccia.
Il 31 marzo 2022, Sasha entra in un supermercato a San Pietroburgo. Silenziosamente, si avvicina agli scaffali, le mani sono occupate da bigliettini che le cambieranno la vita. Ogni cartellino che sostituisce sui prodotti è un piccolo atto di resistenza, una scintilla di verità nel buio della menzogna: “le forze armate russe hanno bombardato il teatro d’arte a Mariupol, dove circa 400 persone si erano rifugiate dal fuoco dell’artiglieria” e poi “Fermate la guerra. Nei primi tre giorni, sono morti 4300 soldati russi. Perché la televisione tace?”. Parole semplici, ma cariche di una potenza che chi governa con la paura non può tollerare.
È un cliente del supermercato a denunciarla. L’11 aprile la sua vita cambia per sempre. L’arresto, l’interrogatorio che si protrae fino alle tre del mattino, l’accusa di “diffusione pubblica di informazioni consapevolmente false sull’utilizzo delle forze armate della Federazione Russa”. Il procedimento giudiziario dura 19 mesi, con oltre 30 volumi di documenti e sei esperti coinvolti. Uno di loro viene licenziato dall’università per aver partecipato al processo. Nonostante tre medici certifichino che la sua salute è troppo compromessa per sopravvivere in prigione, il tribunale ignora ogni evidenza.
La prigionia si rivela una prova ancora più dura del previsto. La mancanza di cibo adeguato alla sua celiachia la indebolisce, il disturbo bipolare e la depressione peggiorano senza il supporto psicologico necessario. La separazione da Sonia, la sua compagna, aggiunge un dolore ancora più acuto a quelli imposti dal carcere. Le condizioni di detenzione sono drammatiche. Ogni giorno è una lotta per mantenere la propria umanità, per non lasciarsi spezzare dalle pressioni, dalle molestie, dalle continue vessazioni delle guardie e delle compagne di cella. Sasha convive con detenuti condannati per crimini violenti, senza la possibilità di ricevere cure adeguate. Il suo difetto cardiaco peggiora, al punto da necessitare un intervento per installare un pacemaker. Ma nelle colonie penali non esiste assistenza medica d’emergenza.
Eppure, anche in quel luogo inospitale, Sasha trova la forza di resistere. Riceve lettere, disegni di bambini, parole di sostegno da ogni angolo del mondo. In quelle cartoline vede riflessa la speranza che ha seminato, la prova che la sua voce non è stata soffocata. “Tu sei più forte di loro, siamo con te” le scrive Livia, una bambina che l’ha ritratta con il suo cappello e la chitarra.
Il 16 novembre 2023, arriva la condanna definitiva: sette anni di carcere ai sensi dell’articolo 207.3 del codice penale sul “discredito delle forze armate”. Una sentenza che cerca di spegnerla, di farle pagare il prezzo del coraggio. Ma Sasha sa che non è sola.
Dall’esterno, la sua storia scatena una reazione inarrestabile. Artisti, attivisti, cittadini comuni si mobilitano per lei. Amnesty International, con la campagna #libericolori, dà voce alla sua lotta. Bambini e ragazzi inviano oltre 3000 cartoline, superando gli ostacoli imposti dal sistema repressivo. Nel frattempo, sua madre Nadezhda continua a battersi per i suoi diritti, denunciando la repressione del sistema giudiziario russo. I giudici non sono indipendenti, ricevendo istruzioni dall’alto. Chi condanna i dissidenti ottiene promozioni. Nel caso di Sasha, il giudice è stato premiato il giorno dopo la sentenza. La repressione cresce: critici del governo russo vengono accusati di tradimento, terrorismo e crimini inesistenti, mentre i detenuti reclutati nelle carceri diventano “eroi” per combattere in Ucraina.
Il primo agosto 2024, Sasha viene liberata nell’ambito di uno storico scambio di prigionieri negoziato tra Russia e Bielorussia da una parte, Germania, Norvegia, Polonia, Slovenia e Stati Uniti d’America dall’altra. Lascia il carcere di San Pietroburgo e si trasferisce in Germania. Oggi, a 34 anni, vive lì e continua a lottare per chi è rimasto indietro. Il suo primo viaggio fuori dalla Germania la porta a Vienna, dove parla del destino dei più giovani detenuti. Non vuole essere l’unica ad aver trovato la libertà. “Ci sono tante persone come me in Russia. Più di mille prigionieri politici, molti sono giovanissimi. Penso ai più indifesi, ai ragazzi. Come Arsenij Turbin, arrestato a 14 anni. Sono bambini che vengono trattati come criminali per aver detto la verità”.
Ti piace disegnare? Partecipa all’azione di solidarietà #libericolori!
Con il suo coraggio, Sasha ci ha dimostrato come l’arte sia un potente strumento di libertà, in grado di far paura a chi vuole reprimerla.
Usa la tua arte per mandare un messaggio di solidarietà a Sasha e a tutte le persone vittime della repressione in Russia!
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