Arte e cambiamento

26 Giugno 2025

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L’arte può parlare di diritti umani in maniera originale, coinvolgente, varia e può rappresentare uno strumento prezioso per diffondere le tematiche al cuore del nostro lavoro: dalla pena di morte alla tortura, dai diritti delle persone lgbti a quelli di migranti e rifugiati, dalla repressione ai diritti delle donne.

Il rapporto tra arte e diritti umani è destinato a consolidarsi. Sono molti gli artisti che, in questi tempi di linguaggio divisivo, tossico e discriminatorio, sentono l’esigenza di prendere la parola, stufi di sentirsi dire che l’attore è uno che recita, che il musicista è uno che suona, che lo scrittore è uno che mette in fila le parole. Molti artisti utilizzano il loro lavoro per denunciare violazioni dei diritti umani e per dare voce a coloro che non possono parlare.

Attraverso opere che affrontano temi come la guerra, la discriminazione, la libertà di espressione e la giustizia sociale, possono attirare l’attenzione su questioni urgenti e spesso trascurate. Pensiamo solo a Ghali, lo scorso Sanremo, che è stato il primo a parlare in quel contesto di genocidio a Gaza. Eventi artistici, mostre e performance possono fungere da piattaforme e aggregatori per l’attivismo, incoraggiando il pubblico a impegnarsi per il cambiamento. Sempre più spesso si parla di “artivisti”, proprio per sottolineare come per alcune persone il legame tra arte e attivismo sia inscindibile. Pensiamo al lavoro di Laika e ai suoi attacchinaggi per strada: mai opere di sola estetica, ma sempre con un contenuto di denuncia a darne il senso.

L’arte ha dunque la capacità di raccontare storie, mettendo in luce esperienze personali e collettive di sofferenza, resistenza e speranza. Attraverso la narrazione visiva o musicale, gli artisti possono connettere il pubblico a esperienze umane universali, facilitando una comprensione empatica delle ingiustizie. E qui il cinema e i libri (ricordiamo il saggio “La frontiera” di Alessandro Leogrande) la fanno da padroni.

Il coraggio degli artisti non ha le stesse conseguenze ovunque. In alcuni casi possono essere tragiche e gravi, esponendoli a repressione e violenza. Grup Yorum è una band turca che ha dovuto affrontare una forte repressione da parte del governo, a causa della sua posizione politica e delle canzoni che denunciano le ingiustizie. Le persone che componevano il gruppo sono state arrestate, perseguitate e hanno subìto violenze. Alcune hanno intrapreso uno sciopero della fame che le ha portate alla morte.
Toomaj Salehi, un rapper iraniano, è stato arrestato quando le sue canzoni hanno attirato l’attenzione su questioni di libertà e diritti umani, andando incontro al rischio di gravi punizioni.

La loro eredità continua a vivere e il loro esempio ispira le nuove generazioni a lottare per la libertà di espressione e i diritti umani.

A cura di Francesca Corbo, ufficio arte e diritti umani

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