Sudan, la più grave crisi umanitaria del mondo

Photo AFP via Getty Images

Nell’aprile 2023, nella capitale Khartoum, sono scoppiati intensi scontri tra le Forze armate sudanesi (Fas, l’esercito regolare)  e i paramilitari delle Forze di supporto rapido, presto estesi ad altre aree del paese come gli stati del Darfur, del Kordofan del Nord e di Gezira. 

L’origine del conflitto

Gli scontri sono nati in seguito alle tensioni sorte su alcune proposte di riforma delle forze di sicurezza, nell’ambito dei negoziati per la formazione di un nuovo governo di transizione. 

Nonostante molteplici dichiarazioni di cessate il fuoco, i combattimenti si sono via via intensificati attraverso attacchi indiscriminati e diretti contro la popolazione civile, compresi bombardamenti su mercati, campi per sfollati, ospedali e abitazioni private. Le parti in conflitto hanno utilizzato armi esplosive ad ampio raggio in aree densamente popolate: molte persone sono state uccise nelle proprie abitazioni, oppure mentre cercavano cibo e beni di prima necessità. Altre sono state uccise o ferite durante mentre fuggivano o nei luoghi in cui cercavano rifugio. Con più di 15 milioni di persone costrette ad abbandonare le proprie case, il Sudan rappresenta attualmente la più grave crisi di sfollamento al mondo. Più di 30 milioni di persone hanno bisogno di aiuti umanitari e oltre 26 milioni sono in stato di grave insicurezza alimentare. Secondo le Nazioni Unite, dal 2023 le vittime sarebbero almeno 150.000.

Sfollati da El-Fasher in Darfur occidentale, 28 ottobre 2025 – AFP via Getty Images

Il conflitto ha toccato soprattutto lo stato del Darfur, già devastato dal conflitto scoppiato esattamente  due decenni prima, che aveva causato immense sofferenze umane e aveva spinto la Corte penale internazionale a emettere mandati di cattura per crimini di diritto internazionale. Uno di questi riguardava Muhammad Ali Abd-Al-Rahman detto  “Ali Kushayb”, all’epoca a capo di milizie arabe filo-governative conosciute come janjaweed (“i diavoli a cavallo”): consegnatosi alla Corte nel 2020, è stato giudicato colpevole di 27 fattispecie di crimini di guerra e contro l’umanità commessi tra l’agosto del 2003 e l’aprile del 2004 nel Darfur e condannato, il 9 dicembre 2025, a 20 anni di carcere. Un altro mandato di cattura, anche per il crimine di genocidio, nei confronti dell’ex presidente sudanese Omar al-Bashir, rimane ancora ineseguito.

Nel Darfur le Fsr e le milizie arabe alleate hanno compiuto attacchi a sfondo etnico contro i masalit e altre comunità non arabe, soprattutto nell’ovest dello stato, provocando migliaia di morti e centinaia di migliaia di sfollati.

Il flusso di armi

Nonostante l’embargo sulle armi imposto nel 2024 dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ma riguardante solo il Darfur, le forniture militari verso il Sudan sono continuate quasi senza interruzioni, alimentando il conflitto. Armi provenienti da Cina, Russia, Serbia, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Yemen sono state esportate nel paese, spesso attraverso stati confinanti, in violazione delle normative internazionali. Una nostra ricerca del 2024 ha dimostrato che armi progettate e fabbricate in Francia sono state attivamente utilizzate sul campo di battaglia in Sudan. Amnesty International chiede ripetutamente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di estendere l’embargo sulle armi all’intero Sudan.

FIRMA L’APPELLO

Oggi questo appello è ancora più urgente data l’escalation del conflitto e le devastanti conseguenze che sta procurando alla popolazione civile del paese. Tutti gli stati e le aziende produttrici devono interrompere la fornitura, la vendita o il trasferimento diretto o indiretto di qualsiasi tipo di armi e munizioni al Sudan.

Emerse numerose prove sulla fornitura di armi e munizioni alle Fsr da parte degli Emirati Arabi Uniti, Amnesty International chiede agli stati di interrompere la fornitura di armi a quest’ultimo stato, dato l’elevato rischio che queste siano inviate in Sudan.

Le molteplici crisi

In Sudan è in corso la più grande crisi di sfollamento e umanitaria al mondo: le persone sfollate vivono in condizioni estremamente precarie, sia all’interno del Sudan che negli stati confinanti. Le parti in conflitto continuano ad ostacolare l’arrivo di aiuti e ad attaccare strutture e operatori umanitari. 

“Sono persone disperate: hanno bisogno di cibo, acqua e assistenza sanitaria. Anche la mancanza di rifugi adeguati è una grave preoccupazione. Una donna di 90 anni ci ha raccontato di non avere alcun tipo di riparo e di vivere sotto gli alberi. Molti altri si trovano nella stessa situazione” – Tigere Chagutah, direttore di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale

In questo contesto di crisi, donne e ragazze continuano a subire violenze sessuali da parte di ambo le parti in conflitto, in particolare delle Fsr e delle milizie alleate: violenze che costituiscono crimini di guerra e possono costituire anche crimini contro l’umanità. Le testimonianze delle persone sfuggite ai massacri di El Fasher, il principale centro del Darfur settentrionale, hanno descritto una situazione terrificante. 

Ibtisam (nome di fantasia) ci ha raccontato di aver lasciato la città il 27 ottobre insieme ai suoi cinque figli e con alcuni vicini di casa. Il gruppo è stato bloccato dalle Fsr:

“Uno mi ha costretta ad andare con loro, ha lacerato la mia jalabiya [un abito tradizionale] e mi ha stuprata. Quando sono andati via si è avvicinata una delle mie figlie, di 14 anni. I suoi vestiti erano strappati e insanguinati, i capelli dietro la testa erano pieni di polvere”.

La figlia di Ibtisam è rimasta in silenzio per alcune ore fino a quando ha visto la mamma piangere:

“Mi ha detto: ‘Mamma, hanno stuprato anche me ma non dirlo a nessuno’. Dopo lo stupro, mia figlia si è ammalata. Quando abbiamo raggiunto Tawila l’hanno ricoverata ma è morta”.

La situazione in Darfur e nel Kordofan

Nel novembre 2025 abbiamo denunciato una nuova escalation nel Kordofan, dove le Fsr hanno conquistato la città di Bara e intensificato gli attacchi contro El Obeid. Il 3 novembre un attacco con un drone contro un funerale vicino alla città ha ucciso almeno 40 persone. Anche altre città sono sotto assedio, con civili intrappolati senza possibilità di fuga e privati dei beni essenziali.

Immagine satellitare dell’area vicino all’aeroporto di El Fasher, 26 ottobre 2025 – 2025 Vantor

Con la caduta di El Fasher, che per mesi aveva resistito agli assedi e che rimaneva l’ultimo grande centro urbano ancora nelle mani delle forze governative, si è entrati in una fase ancora più critica della guerra. Il 26 ottobre le Fsr hanno preso il controllo di ampie zone della città, costringendo le forze sudanesi a ritirarsi. A El Fasher viveva oltre un milione e mezzo di abitanti, comprese centinaia di migliaia di persone sfollate da altre zone del Darfur nei primi anni Duemila e durante l’attuale conflitto. Si stima che prima dell’attacco del 26 ottobre si trovassero intrappolate in città circa 260.000 persone. La città è stata teatro di massacri e violenze diffuse contro la popolazione civile, con attacchi indiscriminati e uccisioni di massa. Il 3 novembre l’ufficio del Procuratore della Corte penale internazionale si è detto allarmato circa le notizie di uccisioni di massa, stupri e altri crimini attribuiti alle Fsr durante i loro attacchi a El Fasher. 

L’escalation in Sudan non è solo il risultato dell’intensificarsi delle ostilità, ma la conseguenza diretta di un sistema di impunità e del disinteresse della comunità internazionale che ha lasciato campo libero alle parti in conflitto. L’uso intenzionale della violenza sessuale, gli assedi ai civili, le uccisioni di massa e la fornitura continua di armi dimostrano che il conflitto si è trasformato in una guerra contro la popolazione stessa.

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